lunedì 16 dicembre 2013

MIO FIGLIO SI DROGA E NON POSSO AIUTARLO



TRENTO - Mamma G., con il volto rigato dalle lacrime e un filo di voce, lancia il suo ultimo appello. Dopo essersi rivolta ai carabinieri, alla polizia e al tribunale dei minori non sa più a chi chiedere aiuto. Un aiuto non per sè, ma per suo figlio sedicenne, tossicodipente.



Lei e il marito, dal quale è separata, vorrebbero che il ragazzo entrasse in una comunità di recupero. Lui, però, non vuole e secondo il giudice - dice - questa è una condizione necessaria per l'ingresso. «In pratica - racconta - io che sono sua madre mi ritrovo ad avere le mani legate e a non poterlo aiutare. Mi dicono che sono responsabile, ma non posso scegliere per lui. Mi dicono che deve toccare il fondo, ma cosa vuol dire? Che devo trovarlo morto oppure che deve fare del male a qualcuno?».


E purtroppo un assaggio di ciò che potrebbe succedere G. l'ha avuto la scorsa settimana. Suo figlio è rientrato a casa mentre lei era al lavoro. Voleva soldi per comprarsi droga e ha trovato davanti a lui la sorella 21enne, studentessa universitaria. L'ha minacciata, schiaffeggiata e la madre dice di essere arrivata appena in tempo. «Mia figlia non respirava più dalla paura. È stata portata in ospedale e solo dopo si è capito che la mancanza di respiro era dovuto allo spavento che aveva preso».


Mamma G. è anni che «combatte» con questo figlio. «Ha sempre avuto un carattere difficile. Molto sensibile, molto fragile. Alle medie ci sono stati i primi segnali che qualcosa non andava e avevo chiesto aiuto a psicologi e servizi sociali, ma poco è stato fatto», racconta. Era il periodo delle «canne», della ribellione e già a quel punto G. si rese conto che da sola non poteva farcela contro quel figlio ribelle, smarrito.


«Insieme al giudice stabilimmo che per lui era opportuno stare in una casa famiglia. Ci è rimasto per sette mesi. Ci sentivamo ogni giorno, ci vedevamo più volte in settimana, ma quando è uscito, in novembre, le cose andavano peggio di prima. Lì aveva troppe libertà, aveva stretto cattive amicizia e iniziato a drogarsi pesantemente.



«A quel punto alla casa famiglia non l'hanno più accettato. È stato preso in carico dal Sert e ogni giorno andava a prendere il metadone. Per qualche mese è stato tranquillo anche se vederlo dormire tutto il giorno, spostarsi dal letto al divano senza riuscire a combinare niente era una sofferenza. Qualche settimana fa le cose sono ancora cambiate. È tornato ad avere bisogno di soldi, probabilmente a drogarsi e per questo non posso sopportare di rimanere con le mani in mano. Voglio aiutarlo in qualche modo, ma non me ne danno la possibilità. In più ho paura, per me e per l'altra figlia perché in certi momenti proprio non ragiona. Vuole i soldi per comprarsi la roba e non vuol sentire i nostri discorsi. Dice che la droga lo fa stare bene come niente altro e per questo non vuole smettere», racconta G. ricordando le tante volte che ha dovuto chiamare anche i carabinieri o l'ambulanza per calmare le sue ire o le sue crisi di astinenza.


«Io non voglio che lui si rovini definitivamente la vita, ma mi trovo con le mani legate e a casa non ho la forza di contenerlo, come non ce l'ha il mio ex marito. Per questo, concordiamo nel ritenere che avrebbe bisogno di entrare in una struttura ma fino ad ora tutte le nostre richieste sono cadute nel vuoto. Non so più cosa fare e temo che prima o poi possa accadere qualcosa di brutto. Da mamma non posso stare ferma aspettando che accada. Sono consapevole anche del fatto che se arrivasse a farci del male non se lo perdonerebbe mai».
COCAINA

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